L’origine del ghostwriter: un mistero millenario
- InVece Team
- 21 lug
- Tempo di lettura: 2 min
Chi è il ghostwriter? Quella figura silenziosa che, da millenni, scrive per altri senza mai apparire. Sembrerebbe roba moderna, ma la verità è un'altra: le sue origini affondano nell’Antichità, nei sussurri di scribi e logografi…

Dalle corti antiche ai discorsi celebri
Nel 5° secolo a.C., in Grecia nascono i logografi: scrivevano arringhe per cittadini che non sapevano nemmeno tenere una penna, figurati un discorso persuasivo in tribunale. E non è tutto: l’antico Egitto aveva scribi che narravano le gesta dei faraoni – un ghostwriting ante litteram. Nel periodo romano, imperatori come Nerone usavano scribae orationis, ovvero speechwriters non firmati. Fast forward al XIX secolo: napoleonici come Emmanuel de Las Cases pubblicano memorie che plasmano l’immagine di Bonaparte, svolgendo di fatto funzioni da ghostwriter.
Da “Beowulf” a JFK: evoluzione del ghostwriting

Opere come Beowulf o intere sezioni della Bibbia ci sono arrivate senza firma, frutto di mani diverse e menti che agivano nell’ombra: una forma embrionale di ghostwriting, dove l’autore era il contenuto, non il nome. Nel Novecento, la pratica si raffina: JFK vinse il Pulitzer con Profiles in Courage, ma la penna fu quella del suo consigliere Ted Sorensen. Non un caso isolato. Anche Mandela, Clinton, Trump: leader mondiali che hanno affidato la propria voce a scrittori invisibili. Il ghostwriter diventa così l’artigiano della retorica, il demiurgo del carisma, modellando biografie, discorsi e visioni che poi il mondo applaude… a un altro.
Ghostwriter oggi: il demiurgo dell’autore
Oggi il ghostwriter è come un illusionista del linguaggio: c’è, lavora, costruisce… e poi scompare. Scrive autobiografie per personaggi noti, discorsi politici, romanzi firmati da altri, perfino post per influencer in crisi di lessico. È un artigiano della parola altrui. Intervista il cliente, studia la sua voce, struttura la narrazione, la scrive, la lima. E infine si defila. Nessun applauso, nessuna copertina: il suo nome è altrove, o non c’è affatto. Ma senza di lui, molti libri non esisterebbero. È il demiurgo silenzioso che rende dicibile ciò che l'autore sente ma non sa scrivere. L’anonimato è parte del mestiere: un paradosso nobile e un po’ comico, degno di una sceneggiatura di Woody Allen.
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