“Noi bei pezzi di carne”: quando l’amicizia femminile è un mostro a tre teste
- InVece Team
- 2 ago
- Tempo di lettura: 6 min
Bene se poi ti ricordavi poco o niente di quel che avevi combinato. Finché te ne tornavi a casa con le dita delle mani e dei piedi intatte, per te era stata una serata super, cazzo. Come facevi a non morire, infilandoti in tutti quei casini, st'ambizione folle che la piccola Shaz aveva di prendere l'oblio a due mani e sguinzagliarlo a furia di scossoni, lasciare il suo corpo vulnerabile in centro, nei vicoli bui, nei taxi, in mezzo al nulla. Mica lo sapevi cosa andava cercando - se voleva distruggersi, o solo prendersi a botte di vita, di vivere, tutto quello su cui riusciva a metter le mani. (pg. 382)

Cos'è Noi bei pezzi di carne di Colwill Brown
Non mi capita spesso di leggere libri Sellerio. Non saprei dire perché, non c’è un vero motivo, tanto più che è una casa editrice che apprezzo molto.
Questo romanzo di Colwill Brown, un esordio incredibile, mi ha attratta in libreria mentre vagavo senza metodo alla ricerca di qualcosa di splendente, che mi detonasse dentro. Cercavo una storia che mi facesse dimenticare i troppi (purtroppo) mediocri esordi che mi sono capitati tra le mani da inizio anno. Volevo sentire qualcosa. Noi bei pezzi di carne l’ho comprato per il titolo. Non ho nemmeno letto la sinossi. Mi bastava quella frase cruda che prometteva le scintille di cui avevo bisogno.
E così è stato, un colpo di fortuna.
Trama del romanzo: tre ragazze e una città che non perdona
Doncaster, anni ’90: la quarta protagonista
Prima un po’ di trama: la narrazione segue tre ragazzine, Shaz, Rach e Kel, adolescenti negli anni ’90 a Doncaster, detta Donny – come fosse un quarto personaggio – una cittadina nel South Yorkshire in Inghilterra. È un luogo rude, scortese, senza particolari attrattive a parte un ventaglio poco variegato di umanità che si lascia sopravvivere. Non le nostre tre ragazze però, soprattutto non Shaz. Il romanzo si concentra, alternando voce narrante, sull’amicizia adolescenziale femminile e sull’analisi profondamente realistica dei suoi meccanismi.
L’amicizia femminile come arma a doppio taglio
Il legame tra Shaz, Rach e Kel è spietato, dolcissimo, leale ma anche mostruoso. Caratteri molto diversi – Shaz è una bomba a orologeria, Rach è quella razionale e diffidente, Kel è la paciera – ma che per qualche miracolo celeste si trovano. La struttura narrativa va avanti e indietro, dall’infanzia all’età adulta, passando per il fulcro pulsante, ovvero gli anni scolastici. Proprio quegli anni sono il cuore del romanzo: tra furti, promiscuità sessuale, prime cotte, odio per la scuola, droga e disturbi alimentari, l’autrice ci lancia in un mondo che abbiamo dimenticato e che però tutte abbiamo vissuto, chi più chi meno serenamente.
Shaz, Rach e Kel: affetto, ferocia e ferite che restano
La natura dell’amicizia tra le tre protagoniste è sfaccettata: è indubbio che si vogliano molto bene, che siano inseparabili – loro tre pronte a conquistare il mondo – ma appena si scosta il velo dell’apparenza, ci viene mostrata la vera faccia di questo rapporto.
E non si deve neanche faticare troppo: l’autrice non nasconde, ma porta alla luce del sole le contraddizioni dell’amore che si fa odio, dell’affetto che diventa gelosia, del bisogno di essere accettate che prende la strada dell’amarezza solitaria.
Appena sotto l’epidermide, visibile ma non manifesto – per i personaggi, perché per il lettore lo diventa man mano che prosegue la lettura – sobbolle un avvenimento terribile che Shaz si porta dietro per tutta la durata del romanzo, un segreto che non ha il coraggio di confessare a nessuno e che avvelena la sua vita.
L'adolescenza raccontata senza filtri
Questo svelamento graduale è trattato magistralmente: l’autrice semina delle briciole, degli indizi, seguendo il flusso di coscienza di Shaz come se lo stesse raccontando lei, come se facesse fatica a ricordare. O meglio, come se volesse dimenticare.
Il lettore intuisce ma nega, come lei. Poi prende coscienza della violenza ed è proprio nel riconoscimento di quella violenza che Shaz diventa indimenticabile.
Shaz è l’incarnazione letteraria di quell’amica adolescenziale che, forse, abbiamo avuto tutte: troppo impulsiva, troppo testa calda, troppo pazza, troppo facile. La sua natura ribelle è difficilmente imbrigliabile: sfugge, scappa, morde e picchia, e ti lascia parecchie cicatrici. Il fatto è che l’accettazione di questa ribellione porta con sé delle conseguenze inevitabili.
Rach e Kel la amano, ma non la capiscono. Non Rach, senza dubbio, che mette in discussione ogni sua parola, credendola una bugiarda. Del trio, Kel è quella apparentemente più equilibrata, ma la sua natura prende una piega inaspettata quando il romanzo la segue negli Stati Uniti.
Il confronto con altre autrici: Brown batte Ferrante e Rooney
L’amicizia femminile che racconta Brown è probabilmente quanto di più vero e crudo io abbia mai letto sul tema: non regge Elena Ferrante che mi annoia mortalmente e le cui protagoniste mi sembrano scialbe e piatte, un concentrato di lamenti; non regge Sally Rooney col suo Parlarne tra amici che mi annoia altrettanto e che mi pare parlare molto senza dire davvero nulla, con personaggi sempre abbozzati, mai profondi, a due dimensioni.
Brown invece modella tre ragazze che avrebbero potuto essere le tue migliori amiche, le tue compagne di banco, tua sorella, la tua acerrima nemica, e lo fa in modo talmente realistico che quando chiudi il romanzo ti meravigli di non vedere una delle tre accanto, che ride, che parla, che ti dice che ti odia, che ti aiuta quando ne hai bisogno, che ti accompagna al consultorio se temi di essere incinta, o che ti aiuta a vomitare quando hai bevuto troppo, che ti consiglia male sul quel ragazzo che ti piace.
Le abbiamo vissute queste cose, e forse abbiamo anche avuto una Shaz o una Rach o una Kel quando avevamo quattordici o quindici anni, e la sensazione di vederle riemergere dai ricordi è spiazzante. E se non l’abbiamo avuta, allora il romanzo crea un bisogno postumo: siamo invidiose perché eravamo sole e non volevamo esserlo, e pur di condividere gli anni peggiori con una di loro ci saremmo prese le offese, le botte, le invidie, le gelosie e i segreti.

Perché leggerlo? Perché ci siamo anche noi
Ma c'eravamo dimenticate che non ci dovevamo mettere in mostra. Non dovevamo spiccare. Perché a nessuno piacciono le esibizioniste, no. A nessuno piacciono le ragazze piene di sé - niente di peggio. Non essere mai piena di te, non te la tirare, non vantarti mai, non fare mai la spaccona, non alzare la testa - anzi, chinala proprio, 'sta testa -, non lagnarti mai, non ti lamentare, non brontolare. Non avere mai bisogno di niente, non aspirare mai a niente - a essere niente - di migliore.
Non fare storie, non fare scenate, non dare spettacolo. (pg. 254)
Non è di questo, in fondo, che è fatta l’amicizia femminile acerba? Del tentativo di capire cosa sono quei sentimenti che ti attraversano, perché l’affetto che provi si tinge d’invidia, perché vorresti assomigliarle anche se ti tratta male, perché lei sì e tu no. Il romanzo poi acutizza ulteriormente le frizioni perché le ragazze sono tre e se è vero che Kel bilancia con diplomazia l’estrema razionalità di Rach e l’esplosività di Shaz, è vero anche che le vere due stelle del romanzo sono proprio quest’ultime.
Con Rach si empatizza meno facilmente, ma resta un personaggio molto concreto. Shaz invece è la miccia, il concentrato frenetico di ciò che vuol dire essere una ragazza adolescente senza freni, senza catene. È vita pura all’estrema potenza.
Una scrittura viva, vera, viva
La scrittura di Brown aderisce quasi in modo petulante alla natura delle protagoniste: è ruvida, rabbiosa, anche volgare. È l’esempio virtuoso di uno stile che si adatta alla storia e non il contrario (cosa che non apprezzo molto).
Leggi e non ti sembra di leggere. Sembra di sentirle parlare affianco a te. Sembra di ascoltare un audio sul cellulare. Non ci si stacca dalle pagine neanche per imposizione.
Un romanzo che è anche memoria
Vorresti che l’autrice entrasse nei tuoi ricordi dimenticati e portasse a galla quello che hai vissuto, che lo raccontasse allo stesso modo, senza abbellimenti o smussando gli angoli troppo acuti. Vuoi anche che ti faccia un po’ soffrire, perché chi è non ha sofferto in adolescenza? Soprattutto quando sei una ragazza che scopre per la prima volta il sesso, le canne, la droga, l’alcol, l’odio per i genitori e gli insegnanti. Quando sei una ragazza che si sente in gabbia, che vuole prendere il largo, sconvolgere il sistema e, per una serie di motivi, non ci riesce.
Il romanzo mi ha ricordato molto un film che ho visto su Mubi un paio di anni fa, dal titolo How to have sex. E anche un po’ Geordie Shore (il reality show che faceva il paio con Jersey Shore, prodotto da MTV).
Ecco, le vibes sono quelle. Ma senza telecamere.
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